95

Final Fantasy 7 Rebirth è un "vero" Final Fantasy: cosa significa?

Spesso si è detto che i capitoli recenti non fossero "veri" Final Fantasy: ora è arrivato Final Fantasy 7 Rebirth, che modernizza la formula degli anni '90.

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   25/02/2024
Final Fantasy 7 Rebirth è un 'vero' Final Fantasy: cosa significa?
Final Fantasy VII Rebirth
Final Fantasy VII Rebirth
Articoli News Video Immagini

Il 23 febbraio del 2007 Square Enix pubblicò Final Fantasy XII, un progetto travagliato che passò di mano in mano fra Yasumi Matsuno e la coppia Ito-Minagawa, piantando la bandierina che ancora oggi è ricordata dai più come l'ultimo respiro del "vero" Final Fantasy. A ben vedere la questione è ancora più intricata: una nutrita fetta di appassionati aveva infatti già smesso di riporre speranze nel marchio a partire dal lancio dell'undicesimo episodio, ovvero il primo grande esperimento MMORPG, mentre altri ancora addirittura in concomitanza con il decimo, dal momento che l'avventura di Tidus scardinava parecchie delle storiche regole alla base della serie, ancorandosi per esempio a una struttura decisamente più lineare e priva della scala massiva che aveva caratterizzato i predecessori.

Poi, nel corso della settima generazione di console, il mondo dei videogiochi è stato travolto da un inatteso tsunami: se i JRPG di Square Enix avevano dominato le classifiche di vendita e di gradimento ai tempi di PlayStation e PlayStation 2, in quell'istante si trovarono improvvisamente a fare i conti con una serie di nuove ispirazioni, dall'esplosione del gioco online che portò al dominio assoluto di Call of Duty fino all'emersione di un inedito genere di avventure interattive, fra l'ascesa degli open world in stile Assassin's Creed e la maturazione dei moderni giochi di ruolo occidentali. La valanga di cambiamenti che investì il medium fu sufficiente per seminare il caos ai piani alti della compagnia, portando la serie - da sempre coincisa con l'identità stessa del publisher - a muoversi forsennatamente nella ricerca di una nuova formula contemporanea capace di riagguantare il successo di un tempo.

Attenzione, questo non significa che Final Fantasy allora abbia effettivamente cessato di essere sé stesso, come provato dal caso del quattordicesimo capitolo online, a oggi considerato fra i migliori episodi a graziare le sponde della serie. Quel che è accaduto è estremamente più semplice: intere generazioni cresciute assieme a personaggi come Terra Branford, Cloud, Squall, Gidan e Tidus, hanno percepito l'evidente allontanamento dalla formula che raggiunse il suo apice nella seconda metà degli anni '90, toccando con mano l'esplorazione di diverse correnti - a partire dalla Fabula Nova Crystallis del XIII, passando attraverso il mondo aperto del XV, per arrivare infine all'essenza action-stylish del XVI - che per quanto fossero più o meno solide hanno sempre fallito nel mettere tutti d'accordo, trasmettendo l'idea che un ritorno alle radici da JRPG fosse ormai impossibile.

La spaccatura interna alla comunità si è fatta sempre più marcata, la distanza tra fazioni opposte sembrava ormai inconciliabile, la stessa Square Enix pareva ormai essersi rassegnata alla necessità di cercare nuove strade, ma all'improvviso tutto è cambiato. Il Final Fantasy 7 Rebirth di Yoshinori Kitase, Tetsuya Nomura e Naoki Hamaguchi è infatti riuscito a isolare la struttura originale della serie prima di proiettarla nella contemporaneità, probabilmente salvando l'intero futuro del marchio. Final Fantasy 7 Rebirth è un vero Final Fantasy: cosa significa in concreto?

La formula scientifica del "vero" Final Fantasy

Non è corretto dire che sia un vero Final Fantasy: più che altro, Rebirth è un Final Fantasy originale
Non è corretto dire che sia un vero Final Fantasy: più che altro, Rebirth è un Final Fantasy originale

Final Fantasy VII Rebirth è la prova di come ogni singolo passo falso sia indispensabile per arrivare ad agguantare il successo. Le critiche che hanno funestato il tredicesimo capitolo, quelle mosse nei confronti del quindicesimo, ma soprattutto l'individuazione delle luci e delle ombre alla base di Final Fantasy XVI, hanno sostanzialmente delineato il regolamento di ciò che bisognerebbe fare - ma soprattutto non fare - quando ci si confronta con la saga. Certo, è evidente che il mondo, i personaggi e la narrazione rivestano ruoli di preminenza, ma è essenziale che anche la struttura ludica risponda a determinate esigenze, che scelga di ancorarsi a determinati cliché: elementi quali la tattica, la strategia e lo sviluppo devono occupare lo spazio che meritano, l'ambientazione non dovrebbe mai risultare una mera scenografia, i compagni di viaggio e i loro rapporti sono fondamentali, così come lo è la presenza di una giusta mole di attività collaterali, di una colonna sonora di grande impatto, nonché dell'umorismo e dello stile orientale che hanno donato un gusto unico al sottobosco di riferimento. Queste, per lunghissimo tempo, sono state le fondamenta della ricetta originale.

Final Fantasy 7 Rebirth è un videogioco che rispetta una voce alla volta l'intera lista di caratteristiche tipiche dei videogiochi di Squaresoft degli anni '90: come abbiamo spiegato nella recensione, è un racconto che riesce a far ridere, a strappare una lacrima, a emozionare e a scavare a fondo nel passato dei protagonisti. Un mondo di gioco vivo e interattivo nel quale è piacevole anche semplicemente "esistere", vagando senza meta per scovare dettagli, informazioni aggiuntive e ricompense concrete. Una selezione di minigiochi e attività collaterali tanto estesa da sfiorare il limite dell'eccesso. Un sistema di combattimento tattico, a sua volta basato su profonde meccaniche di personalizzazione destinate a essere sviscerate dalla comunità degli appassionati. Il tutto, ovviamente, stretto nell'abbraccio di una colonna sonora da antologia, di una serie di scorci che rendono onore agli antichi fondali disegnati a mano, nonché delle sequenze di straordinario impatto che vent'anni fa, quando ancora i grandi filmati in CGI erano visti come un miracolo anziché un male, rappresentavano il marchio di fabbrica della serie.

"Final Fantasy deve avere un sistema di combattimento tattico"

Fare meglio di Rebirth per trasportare nel futuro la formula originale di Final Fantasy è pressoché impossibile
Fare meglio di Rebirth per trasportare nel futuro la formula originale di Final Fantasy è pressoché impossibile

La maggior parte delle rimostranze espresse nel corso degli ultimi vent'anni orbitano tuttavia attorno alla netta deviazione imboccata sul fronte del combattimento, sempre più votato all'azione e conseguentemente distante dalle dinamiche da puro RPG che per lunghissimo tempo l'hanno fatta da padrone. A Final Fantasy XVI - come anche al quattordicesimo episodio - si è per esempio rimproverata l'assenza delle proverbiali debolezze elementali: se ci si trova ad affrontare una creatura infuocata come un Piros e si prende coscienza del fatto che attaccarlo con le fiamme non fa alcuna differenza, è inevitabile che un po' si spenga la magia. Il nocciolo della questione, d'altra parte, è sempre stato il desiderio del ritorno al fantomatico "combattimento a turni": se lo definiamo fantomatico è perché a ben vedere la saga di Final Fantasy ha adottato in pochissime occasioni un effettivo sistema basato su turni, tanto che i capitoli più amati sono invece ricamati attorno alla formula dell'Active Time Battle, che è proprio quella al centro di Rebirth.

Questa nuova avventura di Cloud ha oltrepassato ogni possibile aspettativa, mettendo in scena quello che probabilmente rappresenta uno dei migliori sistemi di combattimento dell'intera serie, mescolando caratteristiche storiche come la spiccata identità dei personaggi tipica di Final Fantasy VI con altre sfumature dei capitoli più amati, prima di aggiungere una spolverata d'azione che è stata dosata in maniera perfetta. Il sistema è marcatamente strategico: danzare in giro per l'arena e menare fendenti non basta mai per sfiancare i nemici, perché bisogna analizzarli con le apposite Materia, comprenderne le criticità, sfruttarne le debolezze elementali, ma soprattutto rispondere saggiamente ai loro attacchi più pericolosi. Affrontare un Tonberry a muso duro, per esempio, significa andare incontro a morte certa: non c'è scampo al tocco del loro celebre Coltello da Chef, che è sufficiente - nel pieno rispetto della tradizione - per mettere fuori combattimento i protagonisti con un sol colpo. È in queste situazioni che ci si rende conto del peso della strategia: la modalità di gioco "Classica" porta infatti i personaggi a muoversi in totale autonomia dopo circa due secondi che non si forniscono input tramite il pad, consentendo ai giocatori di concentrarsi solamente sulle barre ATB e di fatto rendendo possibile vivere l'esperienza precisamente come accadeva nell'originale. Osservando avversari apparentemente imbattibili attraverso le lenti di questa modalità ci si fa un'idea molto precisa di quale sia l'essenza del nuovo sistema, che stando alle parole di Nomura è stato testato e modificato decine di volte prima di arrivare a pieno compimento.

Quello che viene spesso definito l'elemento RPG è tornato ad assumere la profondità degli anni '90
Quello che viene spesso definito l'elemento RPG è tornato ad assumere la profondità degli anni '90

La quantità di nemici e le differenze che li caratterizzano profondamente riescono a trasformare l'amalgama in una perfetta modernizzazione della ricetta originale: si gioca prima di tutto con la testa, ma soprattutto a seguito della preparazione. L'altra faccia della medaglia è infatti il sistema di personalizzazione dei personaggi, che riconsegna nelle mani dei giocatori tutta la responsabilità e il controllo assoluto della propria performance, cancellando di fatto lo spauracchio degli episodi più recenti. Chi scegliesse di dedicare il tempo necessario per procurarsi le giuste Materia e potenziarle nel modo corretto - e a fare la stessa identica cosa con le armi - potrà infatti contare su una potenza di fuoco e una quantità di magie di supporto sufficienti per ribaltare anche le sorti dei combattimenti più complessi. Ancor più importante è il fatto che l'ottenimento di questi oggetti, esattamente come quello di equipaggiamenti e accessori, è stato integrato nel tessuto delle attività collaterali, rendendo di fatto il completamento dei minigiochi e delle missioni secondarie non solo un piacevole intermezzo, ma un passo fondamentale per i giocatori più agguerriti. Certo, in alcuni casi del passato - su tutti quello di Final Fantasy VIII - era possibile "rompere" l'esperienza tramite le sole attività collaterali, pertanto la Creative Business Unit I è stata attenta a non calcare la mano: ottenere una Materia Velocizzante (Haste) cinque capitoli prima del tempo fornisce un bel vantaggio, ma non mette a repentaglio il grado di sfida. Questi discorsi si possono estendere a tutti i contenuti che un tempo venivano definiti "di fine gioco", sfide decisamente complesse dedicate a coloro che scegliessero di prolungare la permanenza sul pianeta Gaia anche dopo la conclusione dell'avventura.

Il mondo

Final Fantasy non è solamente trama, mondo e personaggi, ma anche una sfilza di attività e sfide opzionali
Final Fantasy non è solamente trama, mondo e personaggi, ma anche una sfilza di attività e sfide opzionali

Ma il combattimento non rappresenta l'unico ambito nel quale gli appassionati di vecchia data hanno avuto da ridire, perché ce n'è un altro che per certi versi ha rappresentato il vero e proprio tallone d'Achille di tutti i capitoli successivi al dodicesimo, probabilmente l'ultimo grande JRPG: stiamo parlando della caratterizzazione e la struttura del mondo di gioco. Quella sensazione di scoperta che si provava durante il primo ingresso nella Tomba del Re Senza Nome appena fuori Deling City nell'ottavo capitolo, oppure l'atmosfera di familiarità che abbracciava le strade di Alexandria durante il prologo del nono, o ancora le dozzine di interazioni nascoste in ogni piccolo villaggio, hanno lentamente ceduto il passo ad architetture decisamente monodimensionali nelle quali l'ambientazione diventava prima di tutto una vuota e nuda scenografia. Nel caso di Final Fantasy 7 Rebirth gli sviluppatori hanno scelto di imboccare la direzione opposta, tanto che per alcuni utenti potrebbe rivelarsi soverchiante: la mole di minigiochi e di attività secondarie supera infatti ampiamente qualsiasi standard della serie.

Il vero colpo da maestro risiede nella maniera in cui persino le più banali fra le missioni tipiche dei mondi aperti siano state modernizzate e tirate a lucido. Può per esempio capitare che un committente domandi a Cloud di raccogliere dei funghi: sulla carta non ci sarebbe niente di più noioso e irrilevante di una quest di raccolta di questo genere, invece persino in un caso minuto come questo gli autori hanno preparato un apposito minigioco, senza mancare di approfondire al contempo il rapporto tra i protagonisti e la loro caratterizzazione in maniera sempre divertente. Non è un caso se abbiamo scelto di utilizzare il termine "divertente": un altro elemento smarrito da tempo risedeva infatti nelle note d'umorismo tipicamente orientali che hanno fatto la fortuna dei classici JRPG degli anni '90, qui recuperate alla grande per controbilanciare la narrazione prevalentemente tragica.

Ci sono alcuni minigiochi più piccoli e immediati, ma anche altri enormemente ricchi e profondi
Ci sono alcuni minigiochi più piccoli e immediati, ma anche altri enormemente ricchi e profondi

A margine, abbiamo già trattato nella recensione la straordinaria mole di attività collaterali presenti, tra dozzine di varianti minori e alcune che potrebbero tranquillamente essere rilasciate come videogiochi autosufficienti, come per esempio le partite a carte di Regina Cremisi, le corse sui Chocobo, la resa moderna di Fort Condor e tantissime altre ispirazioni. Non era assolutamente facile trasportare nel presente la vastità e la densità dei mondi al centro dei capitoli più amati, che all'epoca fecero di necessità virtù costellando di interazioni le ambientazioni esteticamente scarne e per lo più ristrette. Quasi tutti i videogiochi moderni ambientati in mappe aperte faticano a tenere alta l'asticella dell'attenzione durante l'intera esperienza, eppure questo episodio è riuscito a catturare perfettamente l'essenza dell'età dell'oro della serie.

Questo è il futuro di Final Fantasy?

L'orizzonte della saga di Final Fantasy non è mai stato roseo come in questo momento
L'orizzonte della saga di Final Fantasy non è mai stato roseo come in questo momento

Al di là delle questioni relative alle differenze sul piano narrativo e le discussioni che infiammeranno l'atmosfera del progetto remake, i tre direttori della Creative Business Unit I sono riusciti a portare a termine un compito che la stessa Square Enix sembrava ritenere impossibile: in più di un'occasione, i dirigenti d'alto rango della compagnia hanno infatti sostenuto la necessità di evolvere il marchio, di trasformarlo in qualcosa di profondamente diverso rispetto alla formula originale, in modo tale da rispondere alle esigenze del nuovo pubblico e del mercato contemporaneo.

Final Fantasy 7 Rebirth è invece la dimostrazione concreta che l'antica ricetta dell'età dell'oro della saga si poteva semplicemente restaurare, esattamente come recentemente accaduto sul fronte di Resident Evil, un altro gigante del passato che sta passando attraverso la sua seconda giovinezza. La speranza è che la casa faccia tesoro di tutti gli insegnamenti che si possono trarre da questo capitolo, perché l'allineamento degli astri ha generato un quadro che non conosce precedenti: siamo praticamente certi che nessun giocatore, davanti alla struttura di Final Fantasy 7 Rebirth, possa affermare che "non è un vero Final Fantasy", neppure i più integralisti.